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WORKSHOP

Traduzione tecnica e tecnica della traduzione   
Seminario tenuto il 2-22-2000 presso la Facoltà di Lingue e Letteratura Straniera della Università di Lecce.

 

Definizioni   

La traduzione è una delle modalità profonde delle azioni umane, sia essa da dialetto a lingua o da linguaggio non verbale (mimico) a parlata. Né sarebbe inappropriato interpretare gli stessi processi di socializzazione come processi di traduzione, in questo caso tra il sé e l'altro. La designazione traduttore qualifica in modo specifico chi traduce, includendo elementi quali l'intervento poliglotta e la professionalità, ovvero la maestria artigianale della traduzione.

I punti di repere dei traduttori, la pomposa «missione» degli anglosassoni, sono il rispetto del testo originale e dell'audience (o pubblico), ovvero la fedeltà al committente ed ai recipienti. I possibili conflitti di interesse (particolarmente ovvi in sede di interpretariato) sono aggirati elegantemente da una tacita assunzione: il traduttore è un professionista.
   
 Il ruolo, che per definizione è supra partes, prevede il mantenimento dell'oggettività e del distacco e l'attenta traslazione dei contenuti da un linguaggio all'altro, conformemente alle specificità culturali e linguistiche dell'autore e del lettore (come indicato ufficialmente dalla FIT o Fédération Internationale des Traducteurs e dalle associazioni affratellate, AITI ed ATA comprese).

Gli strumenti
e la loro validità

Questa posizione è sottilmente riproposta e rafforzata dall'esempio dei testi sacri, i dizionari/vocabolari/glossari. La prassi dei lessicografi segue regole antiche e prevede la compilazione di una recueil = raccolta di termini e definizioni, la verifica dell'uso dei lemmi, l'individuazione delle diadi bilingui e la determinazione (standardizzazione, direbbero gli americani) delle equivalenze (cfr. Analysis of Meaning and Dictionary Making in Language Structure and Translation di Eugene Nida, Stanford University Press, Stanford, 1975).

Il processo lessicografico è rispecchiato, in forma compendiata, dalla metodica della traduzione, che fa seguire allo sviluppo del glossario la stesura del testo nella lingua di destinazione.
Di primo acchito, nulla sembrerebbe più assodato, tecnico e per certi aspetti arido. Basta cercare sul dizionario la parola o l'espressione ignota, tipica del linguaggio specializzato con cui ci si confronta, trovare il suo significato nella lingua di destinazione, sostituire a con a1 ed il gioco è fatto. I parlanti inglesi diranno parent company e noi casa madre, oppure mister (da magister, mastro, padrone) e noi signore (da senior, anziano), ma le espressioni in entrambe le lingue evocano costellazioni esattamente coincidenti di significati.

In realtà, emerge subito una contraddizione: l'esperienza dimostra la limitata affidabilità ed utilità delle references, la bibliografia. L'eccellente Marolli (ab origine e di nuovo a pag. 422 della XII edizione e nella XIII edizione su CD) attribuisce a specific gravity il significato di densità specifica, quando tutti direbbero peso specifico. Il McGraw-Hill Zanichelli, l'altro mostro sacro della diade italiano-inglese, a pag. 263 della 1a edizione traduce cherry picker (=gru a cestello) con un incongruo piccolo carroponte.

Errori di questo tipo, per quanto noiosi, sono inevitabili, facilmente chiosati e di importanza relativa. L'insidiosità dei materiali di riferimento risiede altrove ed emerge solo dopo la destrutturazione e la contestualizzazione storico-culturale dei testi. Per quanto riguarda i vocabolari e dizionari inglesi nulla si può aggiungere al lavoro definitivo di Jonathan Green, «Chasing the Sun. Dictionary makers and the dictionaries they made» pubblicato a New York nel 1996 da Holt & Co. a cui si rimanda, specie per l'illuminante analisi dei lavori di Johnson e di Webster.

Tentando di riproporre il metodo di Green, senza la sua vasta ed erudita prospettiva, merita studiare un caso nostrano ben curato: il solido Dizionario etimologico di veneto-italiano di Durante e Turato, pubblicato nel 1975 a Padova dalla Erredici.

L'elenco dei collaboratori per cognome e nome (che Carducci si rivolti pure in tomba per l'inversione e l'abbandono di tutto ciò che è proper = appropriato) è preceduto da una aperta dichiarazione di sfida degli autori: "Abbiamo respinto la tentazione di forzare la lingua, la storia ed il buon senso per non incorrere in errori e strafalcioni che molto spesso si notano in pubblicazioni simili...".

Prima ancora di notare l'assenza dei giacinti (croco, crochi), il dubbio già si insinua davanti al veneto crocàl, crocài (cocàl/cocài per i veneziani, gabbiano/i per gli altri). Il lemma deriverebbe "dal suono cro-cro, imitativo del verso di questo uccello".
Si può capire che gli autori travisino il verso del gabbiano (che fa kai kai) con l'inconfondibile erre rotata del corvo (cra cra), ma è difficile giustificare il mancato riconoscimento dell'identità (qui perfetta al plurale) delle parole venete e greche indicanti giacinti e gabbiani, sulla scia delle triglie barboni/barbounoi, delle ciabatte papuse, del burro butiro/butiros o del materasso stramasso/strauma.

La prova del nove per i veneti dabbene sono però le parole pesanti. Durante e Turato offrono a pagina 307 due traducenti del veneto mona:
" organo genitale femminile ";
" stupido, ma in senso tutto particolare: può essere mona anche una persona intelligente ".
Il significato vero della seconda definizione rimane segreto da iniziati, visto che gli esempi citano 3 cretini, 2 stupidi, 1 tonto ed 1 pezzo d'asino.

Quanto agli etimi, la voce anatomica deriva "probabilmente dal greco mouni, stesso significato. Secondo altri dall'antico madonna =signora, accorciato in monna e mona in veneto". Il significato beota ha invece origine completamente diversa, "dallo spagnolo mona=scimmia ... scorciatura dell'arabo maimum=scimmia".

Curioser and curioser, diceva Alice. Il tentato riscatto post-trasgressivo riduce le madonne a componente anatomica, mentre due significati della stessa parola richiedono etimi diversi, in completo contrasto con il resto dell'Italia dei dialetti. La verifica d'obbligo del terzo termine della costellazione, il triste smonà, produce "svogliato, giù di corda" e deriva «da mona (v.), con prefisso s. Secondo il Pinguentini, "non da mona ma probabilmente da ex-monere =esortare, stimolare: come a chi, per sua svogliatezza o pigrizia, abbia bisogno di stimolo"». I nostri sono riusciti ad evitare l'osceno ed a salvare le apparenze, ma a prezzo del ridicolo.

I dizionari sono frutto del proprio tempo e delle ideologie dei loro autori, come ha fatto notare George Lukács, ma ciò non sminuisce il valore metodologico degli accoppiamenti di termini e traducenti. E' un luogo comune affermare che se le parole non avessero corrispettivi appropriati ed esatti in un'altra lingua, non riusciremmo a comunicare.

Sfortunatamente, la monosemia è più teorica che reale, come dimostrato dai tanti programmi di traduzione automatica oggi disponibili per i PC, da Trascend a Babylon. Sono sufficienti per assicurare una rudimentale sopravvivenza all'estero, ma incoraggiano a parlare à la Tarzan. Non è un caso che gli utenti di programmi seri, Logos tanto per citarne uno, non si sognino nemmeno di rinunciare ai loro redattori in carne e ossa di provata esperienza. I programmi, anche quelli a rete neurale, imparano laboriosamente e sono spesso sconfitti dalle ambiguità.

Gli ostacoli

La traduzione dall'inglese in italiano presenta infatti tre ostacoli di fondo: le preposizioni (la bestia nera di qualsiasi lingua), la costruzione ed i modi di dire. L'essenza della sintassi inglese finisce per essere un gioco di preposizioni, come sempre rette piú dall'eufonia che dalla logica. Il soggetto esula dalla scaletta, visto che aprirebbe a can of worms, un barattolo di vermi (come quelli per pescare), imponendo una discussione su cosa suoni bene e perché. In questa sede merita invece soffermarsi altrove.

Le costruzioni


 La costruzione tipica di una lingua esprime in modo individuale e distinto una modalità fondamentale di organizzazione del mondo. Le lingue romanze tendono ad essere pedantemente descrittive, catalogando con puntiglio scolastico gli innumerevoli aspetti della realtà in modo esatto ed esclusivo, da cui la loro stravagante ricchezza di vocaboli (il 15% in piú dell'inglese, oltre 1.500.000 lemmi medi rispetto ad un milione e trecentomila scarsi, nonostante la mitologia americana contraria).

 L'universo anglosassone esprime invece una visione gestaltica, esemplificata dal costante uso di sostantivi e verbi factotum [4], quali to manage = gestire, condurre, guidare, trattare, curare; to implement = realizzare, concretizzare, implementare, mettere in atto, mettere in opera; gadget = cosa, utensile, strumento, bomba atomica, ragazza, pene; recovery = recupero, salvataggio, ripristino, guarigione, convalescenza; fixture = lampadario, dispositivo, aggeggio, habitué; o facility = struttura, impianto, realizzazione, stabilimento, servizi e chissa cos'altro. L'esempio contrario del nipote dello zio e di quello del nonno (nephew e grand-son) non vale, visto che si richiama a diverse strutture della parentela.

La differente visione emerge prepotente negli elenchi (list da cui l'anglicismo listato o peggio lista). Sia l'italiano che l'inglese contemplano due alternative dopo i due punti: l'infinito o i sostantivi, ma l'inglese non si fa scrupolo nel mescolare le carte, indipendentemente dalla frase reggente.

Così abbiamo l'ostico  che si può tradurre come:
 Competitive pricing  Prezzi concorrenziali
 Help customers reduce costs of doing business  Impegno a favore della riduzione dei costi di esercizio dei clienti
 Management is customer focused in setting corporate priorities (not internally driven)  Definizione delle priorita aziendali da parte dei dirigenti in funzione dei clienti (e non delle logiche interne)

 La priorità data ai set = insiemi ed ai sets of sets = insiemi di insiemi a detrimento dei componenti individuali trova espressione regia nel processo di specificazione. Quando bisogna to detail = entrare nei dettagli, l'inglese predilige sempre la soluzione teutonica delle stringhe.

Ad esempio: automatic sensor faucets fiber optics. Invertendo l'ordine dei fattori abbiamo fiber optics (for) faucets (with) sensor, anche se resta in dubbio l'attribuzione dell'aggettivo automatic.

Di norma, l'aggettivo precede immediatamente il sostantivo a cui si riferisce, producendo il lapalissiano sensore automatico. Comunque, nei sintagmi nominali, l'aggettivo viene spesso concordato solamente con l'ultimo sostantivo, quello reggente. In questo caso, si otterrebbe l'espressione fibre ottiche automatiche, di valore semantico nullo. Di conseguenza, sono i rubinetti ad essere automatici, la stringa significa «fibre ottiche per rubinetti automatici a sensore» e la confusione è dovuta solamente alla forzata posizione iniziale dell'aggettivo.

La tendenza alla generalità della Weltanschauung inglese produce spesso sovracompensazioni definitorie. Una espressione comune in ingegneria meccanica:" Worst case alignement sample", significa letteralmente «esempio di caso pessimo di allineamento». L'orecchio si ribella ed impone «esempio di pessimo allineamento». Oppure: "The cost of acquiring X technology ...is determined and quoted after discussion with the inquiring prospective client firm". Tralasciando il problema reale ma non pertinente dell'acquisto/concessione di una tecnologia (prodotti + proprietà intellettuale), l'attenzione va posta sulla stringa inquiring prospective client firm. La riflessione suggerisce il piú incisivo «dopo una discussione con gli interessati» al posto del logorroico «dopo una discussione con la ditta del cliente potenziale interessato».

Per fortuna la maggior parte degli scriventi e certo dei parlanti limita la lunghezza delle proprie stringhe a tre termini, rendendo tutto piú semplice, spesso con l'aiuto delle sigle. Un solo esempio dovrebbe bastare: praticamente ogni documento legale americano cela un piccolo mistero, una doppia esse puntata in corsivo (ss.) che appare sempre dopo il nome della contea. Non serve chiederlo ai cancellieri ed agli avvocati, si sono tutti dimenticati del medioevale scilicet = cosiddetto, il compagno fedele di hic sunt leones = qui ci sono i leoni, l'altra comune notazione delle mappe antiche.

I trend sintattici dell'inglese non si esauriscono certo nell'uso rabbioso e antico delle stringhe o degli acronimi. Negli Stati Uniti, per esempio, la stampa periodica sembra aver abbandonato il genitivo sassone (Finnegan's Wake), mentre gli scrittori tecnici (che negli USA esistono come figura professionale) continuano ad usarlo, spesso attribuendolo anche all'oggetto materiale di una data discussione (ad es., le macchine, the device's action causes...), riflettendo l'abituale attribuzione del femminile dell'americano parlato, molto piú ampia dell'uso grammaticale tradizionale che la contemplerebbe solo per le persone giuridiche e per una ristretta categoria di cose comprendenti ponti; natanti; veicoli terrestri ed aerei.

Né si può tacere l'influenza dell'approccio politically correct = politicamente corretto, che non offende sensibilità alcuna. A differenza del movimento di emancipazione delle donne che ha imposto l'utile Ms. quale onorifico femminile astratto dallo stato coniugale, l'ipercorrettezza linguistica ha prodotto eufemismi forzati e confusioni di genere. E' ormai fin troppo facile lamentare la pletora di s/he = lui/lei; la trasformazione in femminile del neutro baby = neonato; l'eliminazione dei ciechi e degli storpi prima ridotti ad handicappati e poi a physically challenged = soggetti a sfide fisiche; o l'uso di they = loro o di we = noi quali pronomi degli enti/ditte commerciali e dopo l'impersonale, evitando i consueti it, he o one.

L'esasperazione occidentale ha origini crasse, evocate negli Stati Uniti dal vecchio eufemismo canola oil ovvero canadian oil=olio di ravizzone al posto del pur corretto rape oil, tutto pur di evitare l'infelice doppio senso.
Chi si affretta a fare il superbo farebbe bene a riconoscere che l'italiano odierno non è immune dall'eccesso conformista. Lo aveva diagnosticato a suo tempo Massimo Raffaelli nel suo «Il problema dell'"attimino" incongruo» [Manifesto, 26.VI.97: «L'italiano corrente è una lingua bidimensionale, "disinfettante" (si direbbe politicamente corretta)..»] e per confermarlo basta soffermarsi sulla traduzione ufficiale di alcune «frasi R» descriventi ai sensi della normativa europea la natura dei rischi specifici delle sostanze chimiche. In particolare, la frase R61, Harmful to the unborn (e la R63, di conio simile) è stata così fissata: "Può danneggiare i bambini non ancora nati". La scelta disingenua dell'inglese vede in italiano lo stravolgimento della definizione di bambino. La rendition o versione populista imposta a scapito del piú tecnico «Può essere fetotossica» introduce così un sottotono polemico antiabortista probabilmente involontario. A ripensarci, la definizione secondaria di mona offerta da Durante e Turato non è poi tanto oscura né inapplicabile.

Dura lex sed lex, l'uso è l'arbitro finale di ogni lingua. Robert Allen, l'editore della massima guida all'inglese del Regno Unito, la Pocket Fowler's Modern English Usage (giunta nel 2000 alla terza edizione dal 1926) non ha esitazioni, nonostante la fredda ostilità di chi vorrebbe preservare l'integrità dello standard britannico. In un'intervista Reuters del 28 ottobre 1999, Allen spezza una lancia a favore dell'americano, dichiarando che la parlata yankee ha avuto effetti positivi sull'inglese di John Bull e che entrambi si sono arricchiti nello scambio. Se è vero che il Regno Unito ha contributo kiss of life = il bacio della vita, la respirazione artificiale bocca a bocca; gay = omosessuale e miniskirt = minigonna, l'influsso è ben controbilanciato da americanismi quali snoop = spia e to fly off the handle = dare di matto, come la testa in battuta di un martello che d'improvviso si stacchi e voli via dal manico.

On the other side of the pond ovvero sul lato opposto dello stagno atlantico, va invece notato l'emergere prepotente nell'inglese d'America di quello che una volta era definito cant = gergo (in origine, della malavita). Questa tendenza è esemplificata dall'interesse suscitato dall'ebonics = dialetto dei neri americani e dall'uso comune negli stati e nelle provincie del nord-est dello yous per distinguere il voi dal tu.
Affermare la dignità linguistica dell'ebonics ha vasti risvolti politici e culturali, in linea con la ben nota equazione romantica una lingua, un popolo. Eppure, la limitatezza lessicale e la decapitazione sintattico-grammaticale di questo dialetto sembrerebbero limitarne l'utilità immediata al ruolo di pidgin, di lingua franca nera di mediazione anglo-ispano-lusitana, non a caso simile al garufone del Belize.
Mentre l'ebonics è un fenomeno urbano della costa occidentale, il pronome yous è diffuso irregolarmente sia nel retroterra dal New Brunswick al Connecticut che nei centri da Halifax alla New York dei quartieri (o hoods, da neighborhood, un sostantivo composto dalla stringa anglosassone neigh = vicino + (ge)bur [l'equivalente dell'olandese boer] = agricoltore). Il modello chiaramente romanzo del nuovo pronome esprime l'efflorescenza di altre aspirazioni, quelle delle minoranze italiche e francofone del Nord America. La sua offensività alle orecchie degli anglofoni è indisputabile e spesso ricercata, sia come espressione di classe (blue collar = ceti operai, distinto da white collar = ceti terziari) che di orgoglio etnico.

I modi di dire

In realtà l'inglese non ha dialetti definibili come tali, quanto piuttosto accenti e modi di dire diversi. Il texano di una belle fa sciogliere il burro ed il tono di quelli del Mid-West andrebbe imbottigliato e venduto per sonnifero, ma ciò interessa solo i dialoganti e gli interpreti. I traduttori hanno un problema tutto loro: i colloquialisms = frasi fatte (come non preferire il piú elegante modismos degli spagnoli?).

Le espressioni idiomatiche meritano particolare attenzione. Dal punto di vista sistematico, ricordano la stratificazione litica in geologia, visto che veicolano la sedimentazione storica dei linguaggi. Joseph Djugashvili detto Stalin nel suo dimenticabile «Sulla linguistica» (Feltrinelli, 1969) aveva stabilito che la lingua non è immediatamente collegabile alla struttura economica, svincolandola così sia dalla storia che dal materialismo volgare di certe interpretazioni sovrastrutturali dei marxisti degli anni '30. Il Baffone non si smentisce neanche quando è Beria a fargli da ghost-writer = scrittore fantasma, l'autore segreto di un testo pubblicato a nome altrui.

Se bisogna concordare che una lingua non cambia in modo radicale nemmeno in risposta alla maggiore rivoluzione del mondo moderno, è altrettanto vero che, essendo fenomeno frattale ed infrastrutturale, ogni idioma cambia di continuo sotto l'impatto della cronaca e della strada. Lo sanno in prima persona gli italianofoni della generazione di meta secolo, i piagnoni alla veglia funebre del condizionale e del povero innovatore.

Il rinnovo linguistico è frutto dei contributi (idioletti) di tutti i parlanti. I nuovi lemmi hanno una ritenzione potenziale proporzionata all'accettazione collettiva della definizione del reale da loro offerta, ma i relativi tempi di cooptazione non sono gli stessi dei tempi di modifica delle strutture sintattiche, grammaticali o fonetiche. Al tempo breve della lingua, quello delle mode e dei prestiti, si accavallano i tempi medi dell'evoluzione del vocabolario, i tempi lunghi delle modifiche grammaticali e almeno in parte di quelle sintattiche ed i tempi lunghissimi dei cambiamenti fonetici.

Il neologismo antonomastico sandwich, coniato nel 1762 da John Montague, il quarto Earl of Sandwich, è stato incluso nel lessico statunitense ed australiano in meno di un decennio e si è diffuso a livello planetario in cento cinquant'anni scarsi. L'incerta regolarizzazione del plurale di mouse = topo (mice/mouses) è invece uno scostamento grammaticale endogeno di relativa portata che si è fatto attendere oltre ottocento anni, una risposta quasi forzata alla necessità di distinguere i topi veri dagli omonimi dispositivi di puntamento dei computer. Infine, il passaggio dal sanscrito ma--ta--, ma--tr all'inglese mother o all'italiano madre ha richiesto millenni.

L'interesse dei traduttori è meno astratto. La comprensione dei colloqualisms è indispensabile sia per capire il respiro dei testi che per ancorare l'espressione linguistica nel sociale, visto che tali riferimenti vanno poi localizzati nell'idioma di destinazione. L'evoluzione relativamente rapida dell'inglese rende la navigazione in queste acque particolarmente incerta.

L'incompleta tassonomia qui proposta è basata sui settori di origine delle forme idiomatiche. Lo spunto proviene da un articolo di Riccardo Schiaffino apparso su The ATA Chronicle* e dagli esempi sportivi ivi proposti e presentati sotto in forma modificata. Dal baseball:

His last question threw me a curve = la sua ultima domanda m'ha colto di sorpresa. To come out of the left field = cogliere/essere colti di sorpresa. To be far out in the left field = essere disorientati o impazziti.

[A cui vanno aggiunti: to go to bat for someone = prendere le difese di qualcuno, esporsi, andare fino in fondo a favore di qualcuno; right off the bat = fin dal primo momento e to come off the bat = agire in modo improvviso e sorprendente, come l'impeto della palla colpita dalla mazza; to be a screwball = essere tarati, specie mentalmente. Quest'ultima espressione, derivata dal termine tecnico screwball = palla avvitata, riferito allo sconcertante effetto «a cavatappi» imprimibile alla palla (con traiettoria curva destrorsa nel caso dei lanciatori destri e sinistrorsa nel caso di quelli mancini), appartiene alla stessa costellazione mediamente volgare tipica di to screw up = sbagliare, con connotazione simile al nostro "fregarsi da soli"].

Dal calcio:
Injury time = in zona Cesarini, anche se questa espressione è una traduzione ben centrata dell'originale italiano, piú che una frase fatta inglese. Inoltre, dal pugilato:
to be saved by the bell = salvarsi in extremis, come succede ai pugili suonati che evitano un conteggio di KO grazie alla campana di fine round.

Dalla politica si ricava to go for a walk in the woods = mettersi d'accordo faccia a faccia, com'era successo a Helsinki; to be a teflon guy = essere peggio di un'anguilla, ma con valore quasi plaudente (l'opposto di «muso da Fanfani o da Andreotti»), in riferimento sia a Regan che a Clinton ed alla loro capacità di superare indenni ogni scandalo (l'attuale presidente ha dato origine ad una cornucopia di espressioni spesso anche troppo salaci); Beltway warrior = rappresentante eletto o dipendente federale pendolare che vive in Virginia e deve affrontare il traffico di punta della circonvallazione di Washington; deepthroat = informatore (golino, nome di battaglia del whistler = lett.: «fischiatore», soffiatore dello scandalo del Watergate denunciato da Woodward e Bernstein sul Washington Post nei primi anni settanta); la famosa dichiarazione di Nixon dopo tale scandalo: I am not a crook = non sono un delinquente, il sostituito del ben piú antico «ti dico la verità, sto mentendo»; e la delirante oscenità di mud people = la gente di fango, le razze bastarde dei gruppi oltranzisti ariani.

Dall'esperienza militare derivano a perfect example of military intelligence = un ossimoro quasi antonomastico; to deep-six someone = far fuori qualcuno, proprio come riesce a chi conquista la posizione ore 6, direttamente alle spalle dell'avversario, durante un dogfight = duello tra caccia, ma in senso originario e lato, «rissa tra cani randagi»; it's a walk in the desert = è una passeggiata nel deserto, ovvero una bagatella, vedasi la guerra del Golfo; l'imperituro to see the light at the end of the tunnel, letteralmente « intravedere la luce alla fine della galleria», ma con il significato di «poche idee ma ben confuse», dopo la dichiarazione di Westmoreland sul successo della pacificazione nell'allora Sud Vietnam; il derisorio it's a surgical strike = è un intervento chirurgico o il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, dopo i bombardamenti della popolazione civile di Bagdad e di nuovo dopo la demolizione dell'ambasciata cinese a Belgrado; e l'accusatorio Beltway bandit = bandito della circonvallazione, designante gli appaltatori del Pentagono. Ancora, ma con tono piú positivo: to form a task force = formare un gruppo di intervento, in origine prerogativa degli stati maggiori e dei loro organismi interarma, ma ormai pratica comune nell'industria e nel governo, consistente nella costituzione di gruppi interdisciplinari o interreparto per la soluzione di problemi specifici; e to push the envelope = superare i limiti, fare un passo in piú, impegnarsi piú a fondo, com'era ed è il caso dei piloti collaudatori. La frase è attribuita al generale Chuck Yeager, il primo pilota a «spingere il guscio», a superare il muro del suono.

Dai trasporti sono state tratte le espressioni it's a Teamsters' union = è un sindacato dei camionisti, ma con il significato di organizzazione mafiosa; he had a hard landing = ha avuto un atterraggio duro, un brusco richiamo alla realtà; oppure to have a crash landing = fare un atterraggio catastrofico, ma in riferimento sia ai postumi dell'ebbrezza etilica che alla crisi da astinenza acuta dei drogati che si disintossicano cold turkey = avanzi freddi di tacchino, senza supporto farmaceutico; to stay/be in cold storage = stare in cella frigorifera, nascondere la testa sotto la sabbia; to handle e handler, originariamente « maneggiare, movimentare, ad es. bagagli» il primo e «portatore» il secondo (da cui baghandler = facchino e mailhandler = postino), ma ormai usati rispettivamente nel senso di « gestire le informazioni» e di « addetto alle pubbliche relazioni incaricato dei rapporti con i media»; e to go postal = impazzire, a seguito di svariate sparatorie negli uffici postali d'America da parte di dipendenti omicidi.

Le scienze a la tecnologia hanno contribuito to bootstrap a situation = risolvere un problema apparentemente insolubile, come nel caso dell'avviamento a caldo dei computer, a sua volta derivato dalla ben piú antica espressione to pick oneself up by the bootstraps, ovvero, sollevarsi in aria afferrandosi per i tiranti degli stivali, sormontare ogni ostacolo; to zap = irradiare, cuocere al forno a microonde, che in origine descriveva l'effetto vaporizzante dei laser e dei raggi neutrinici (della bomba N); to nuke = bombardare con bombe atomiche, ma con l'intento meno apocalittico di sterilizzare generi alimentari con i raggi gamma.
Ancora: to temper che nulla a che fare con la temperanza, visto che significa «portare a temperatura ambiente»; to zip = comprimere, ad esempio un file e to zip through = dare una scorsa rapida o aggirare ogni ostacolo, entrambi associati allo ZIP code = codice del Zone Improvement Plan o piano di miglioramento zonale (il nostro CAP) ed indicanti velocità ed efficienza come nel caso di un omofono precedente, zipper = la cerniera lampo; boilerplate = scaletta, canovaccio, insomma il plinto della caldaia; to be a deep-stick = essere un'astina dell'olio, di intelligenza e vedute limitate; l'omologo his elevator doesn't go all the way to the top = il suo ascensore non raggiunge l'ultimo piano; netizen = individuo che passa tutto il tempo collegato in rete, dalla fusione di Internet e citizen=cittadino e nerd = genio (specie dei computer) goffo e sgraziato.

Le arti e lo spettacolo hanno dato origine a to be a space cadet = essere un cadetto spaziale, come nel fumetto dei Jeffersons, o meglio «avere la testa tra le nuvole»; conehead = testa conica, imbecille ed alieno (dalla trasmissione comica televisiva Saturday Night Live), in contrapposizione a squarehead = conformista, con la testa sulle spalle e sulla falsariga di pinhead = testa a capocchia di spillo, pignolo, microcefalo e di egghead = esperto, cervellone, in origine i collaboratori tecnici di John Kennedy; to have a gig = avere un lavoro saltuario, sul modello degli ingaggi delle bande (in origine: avere un carro leggero, una barchetta); back story = originariamente il copione di un flash-back = scena retrospettiva, ma ora con il significato di « retroterra esperienziale, curriculum vitae».

Infine, dal mondo dell'economia provengono to be downsized = essere licenziato, eco delle tante riduzioni del personale (downsizing o riduzione di misura) indotte dai numerosi mergers = fusioni di società degli anni '80; bull/bear economy = economia in espansione/stagnante, secondo la contrapposizione di Wall Street tra tori e orsi, ovvero gli investitori d'assalto e chi punta al ribasso; at the toll of the bell = alla fine, lett.: al tocco della campana, come nel caso della chiusura della tratta a Wall Street; blue chip = azioni trainanti e per associazione, aziende leader, in origine dal colore dei gettoni di casin= di alta denominazione e dal vecchio nickname = soprannome dell'IBM, "Big Blue"; l'antonomastico di secondo grado Forbes 500 o 1000, ovvero una società inclusa nell'elenco delle prime 500 o 1000 ditte d'America, redatto dalla rivista Forbes (una testata che a sua volta ripropone l'appellativo dei proprietari) e via così.

Il minuscolo universo campionario esplorato sopra dimostra come i modismos siano il contraltare di massa del jargon = linguaggio di settore degli specialisti. I modi di dire si imparano per strada, accendendo il televisore e leggendo il giornale. Frutto dell'immediato presente delle classi d'età di un dato periodo, i colloquialismi penetrano solo di rado nel linguaggio degli scambi internazionali e mai o quasi mai nella letteratura, limitandosi al parlato, alle canzonette, ai media, al marketing ed alla pulp fiction = i generi letterari di grande consumo.

Ai colloqualisms fa però attenzione sia il lessicografo che l'antropolinguista, in quanto manifestazioni tangibili dello Zeitgeist = spirito dell'età di uno specifico gruppo culturale, barlumi espressivi del suo pensiero collettivo profondo, caleidoscopie della realtà dell'Altro.







 

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